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Visualizzazione dei post da giugno, 2020

Quando la mente maltratta il corpo

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Fin dall’antichità la mente e il corpo sono stati studiati come due entità distinte, separate e non comunicanti tra di loro. Un’impostazione metodologica che ci ha portato a considerare la mente come un accessorio del corpo , convalidando questa tesi ancora molto presente nella medicina contemporanea. (Si cura il sintomo ma non la causa che lo determina) Tuttavia le neuroscienze nell’ultimo secolo hanno svelato molto del funzionamento del cervello e delle sue interazioni con il corpo , non rilegandolo in serie B ma restituendogli lo spazio che si merita. Ci sono tanti disturbi psicopatologici che bersagliano il corpo la cui origine è nella mente , tra questi i disturbi alimentari . Spiccano fra tutti, per quantità di soggetti colpiti, l’anoressia e bulimia.

La solitudine dei numeri primi o la sindrome di Hikikomori?

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I ragazzi vivono l’ adolescenza come un momento della vita per far incetta di ogni genere di esperienza: nuove e continue amicizie, ricerca di luoghi da conoscere e da sperimentare, scoperta del sesso, per alcuni anche droghe. Sul piano psicologico l’adolescente vive questo periodo come se fosse sulle montagne russe, in un su e giù di emozioni  che lo portano a sentirsi sempre in balia di qualcosa, alla stregua del limite. Uno stato completamente nuovo, intenso che lo conduce ad una maggiore conoscenza di Sé stesso e del mondo confinante. In questa fase gli adolescenti assomigliano ai numeri primi della matematica, i quali sono divisibili solo per Sé stessi portandoli a vivere uno stato di solitudine. La solitudine di colui che si sente poco capito dalla società e poco la capisce. Una solitudine non voluta ma inevitabile, uno dei tanti traguardi da raggiungere per cambiare e crescere. I numeri primi, lo sappiamo, rimangono tali a vita, gli adolescenti evolvono, crescono si svilup

I bambini non hanno più le ginocchia “Sbucciate”

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Quando ero piccola, i miei genitori solévano farmi giocare in un cortile vicino casa assieme ad altri bambini del quartiere. Allora il quartiere era piccolo e pieno di bambini che si riversavano in strada, pronti a creare ogni tipo di gioco. In estate come in inverno. Non c’era mai momento di noia, pieni sempre di cose da fare e provare. Il richiamo di mia madre era la campanella che mi riportava a casa perché si era fatto tardi. Ricordo che non smettevamo un attimo di saltare, correre e giocare con la palla: il gioco di uno era di tutti. Non mancava mai qualcuno che si facesse male, cadendo sull’asfalto o nel campo vicino casa (Non ancora un parco pubblico). Un vetro conficcato in qualche parte del corpo o i sassi ci procuravano piccole e grandi ferite; le croste del sangue in fase di cicatrizzazione sulle ginocchia e le cicatrici erano i nostri trofei da esibire. Io ho una cicatrice in fronte che mi è costata 3 punti al pronto soccorso.

I bambini ad Alto Potenziale Cognitivo sono un problema?

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Nell'universo contemporaneo fatto di etichette e categorie anche la scuola ha adottato il linguaggio terminologico psicologico fatto spesso di acronimi: sfilano i   bambini che hanno una certificazione 104/92 che necessita di un sostegno per le attività scolastiche, poi i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), seguiti a poca distanza dai BES (Bambini con Bisogni Educativi Speciali). In questi tre etichette vi troviamo differenti bambini con profili psicologici simili ma mai uguali. Non esiste ancora un' etichetta per i bambini con alto potenziale cognitivo. Se ne comincia a parlare.